Pubblico con piacere questo articolo che condivido apertamente.
--CONTRO CORRENTE— di Bob
Estival Jazz Lugano, venerdì 12 luglio 2002, ore 20:35. In
piazza della Riforma ha inizio il primo dei tre concerti previsti per la
serata.
Salgono sul palco Al Foster, John Scofield, Dave Holland,
Joe Lovano. Il service audio regala suoni un po' troppo cupi ma il groove è
subito recepito da chi, forse in numero minoritario, è intervenuto per
ascoltare quattro
veri
e propri pilastri della musica mondiale. Un concerto ad altissimi livelli
tecnici, estetici, qualitativi ed emotivi. Un susseguirsi di improvvisazioni e
di arrangiamenti armonici che non danno tregua a quella parte di pubblico,
forse un po' più preparato, che riesce a farsi pervadere da un sound talmente
ricco, completo sotto tutti gli aspetti.
Certo, con una base ritmica così, forse alcuni se lo aspettavano ma si sa che nel jazz ogni esecuzione è unica, rara, preziosa. Con la sua chitarra, Scofield riesce come sempre a trovare le parole giuste sia nei soli che negli arrangiamenti. Al Foster, malgrado la resa audio, riesce ad esprimere tutta una storia della batteria, dinamico, fantasioso, aperto ai suggerimenti dei tre compagni con uno stile pulito e raffinato, capace di elargire dinamiche emozionanti.
Holland, un vero e proprio motore per il quartetto, sfodera
una varietà di soluzioni interpretative degne della sua carriera.
Ottima prestazione anche per Lovano che con il suo stile
free per alcuni discutibile, si inserisce alla grande in una formazione che
resterà impressa nella memoria dei presenti, perlomeno di coloro che hanno
avuto la fortuna o l'abilità per riuscire ad entrare in sintonia con questa
memorabile formazione.
Fa forse sorridere il fatto che, ironia della sorte o più
realisticamente necessità del business, il quartetto ha in pratica fatto da
supporter ad un molto più noto Van Morrison. Salgono prima sul palco i musicisti
per eseguire un brano di introduzione alla star; negli occhi di ognuno di loro
la consapevolezza di esser stati preceduti da quattro professionisti al di là
di ogni definizione. Chi suona ed ha un minimo di preparazione lo sa, non può
non saperlo; già dall'inizio del concerto, seppur contraddistinto da un brano
non proprio trascinante, si poteva percepire una sorta di timore reverenziale,
consapevolezza di essere saliti su un palco dopo una performance di altissimo
livello. E' normale, del resto ogni professionista del settore non può che far
riferimento ad un Al Foster o ad un Dave HOlland.
Anche lo stesso Morrison, forse chiamato ad Estival più per
attirare pubblico che per offrire perle di musicalità, ha tentato di inserirsi
in un festival jazz con brani più indicati il possibile. Anche lo stesso
Morrison, malgrado nel suo genere sia una leggenda, sapeva...e non poteva non
rendersene conto.
Lasciano a bocca aperta alcune critiche di quotidiani
locali che regalano quattro o cinque colonne alla serata ma solo quattro o
cinque righe al quartetto di apertura; incompetenza o fame di lettori? Boh, a
questo ognuno risponda in coscienza.
In ogni caso, un'ora di grande musica per chi potrà
ricordarne il fascino e la ricchezza e per chi potrà dire: io c'ero.